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Il Sommergibile Velella

 

 

Descrizione Generale

Tipo Sommergibile di media crociera
Classe Argo
Proprietà Regia Marina
Cantiere CRDA, Monfalcone
Impostazione 9 dicembre 1935
Varo 18 dicembre 1936
Entrata in servizio 31 agosto 1937
Dislocamento in immersione  1018 t
Dislocamento in emersione 794 t
Lunghezza 63,15 metri
Larghezza  6,39 metri
Pescaggio 4,46 metri
Profondità operativa 100 metri
Propulsione due motori diesel FIAT da 1500 CV due motori elettrici CRDA da 800 CV due eliche
Velocità di immersione 8 nodi
Velocità in emersione 14 nodi
Autonomia in superficie 10.176 miglia marine a 8,5 nodi in immersione 100 miglia marine a 3 nodi  
Equipaggio 4 Ufficiali 40 tra sottufficiali e marinai
Artiglieria 1 cannone da 100/47 Mod. 1931 per smg (149 colpi) 2 mitragliere binate Breda Mod. 31 da 13,2mm 
Siluri 4 tubi lanciasiluri anteriori da 533mm e 2 posteriori (8 siluri)

 

Il Sommergibile Velella – La storia


In origine questi sommergibili erano un progetto di due battelli destinati alla Marina portoghese, a quei tempi molte Marine straniere ordinavano sommergibili ai cantieri italiani. I due battelli erano quasi completi, quando per difficoltà finanziarie, il Portogallo rinunciò all’acquisto.

Nel 1935, la Regia Marina, che aveva seguito con interesse la costruzione dei battelli da parte del Portogallo, li acquistò completandone la costruzione. Apportate diverse modifiche rispetto al progetto originale, i due battelli furono denominati ARGO e VELELLA. Rivelatisi validi, la Regia Marina ne modificò il progetto leggermente, dando poi vita negli anni dal ’41 al ’43, alla classe TRITONE.

Gli inizi

Il sommergibile Velella è stato un battello della Regia Marina, dopo essere stato completato fu destinato alla 42ª Squadriglia Sommergibili di Taranto. Il suo primo Comandante fu il Tenente di Vascello Pasquale Terra, il velella fu impiegato in Alto Adriatico per l’addestramento fino all’ottobre 1938. Nell’ottobre 1938 fu trasferito a Lero, poi a Tobruk e in dicembre a Massaua; fu impiegato in Mar Rosso per verificarne le qualità in mari caldi.

Operativo

Nei mesi primaverili del 1940 tornò in Mediterraneo entrando a far parte della 14ª Squadriglia Sommergibili con base a La Spezia. All’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale si trovava già in mare in missione, tra Rodi e la Turchia; dove fu colpito da un’avaria ai motori e dovette rientrare a Lero. In un secondo tempo si trasferì a Taranto, dove trascorse due mesi nella base pugliese per le riparazioni. Fu poi impiegato nel bacino orientale del Mediterraneo in poche altre missioni, tutte infruttuose; se ne dispose quindi l’invio in Atlantico.

Lavori di modifiche e via in navigazione

Dopo alcuni lavori di modifica salpò da La Spezia il 25 novembre 1940 e passò lo stretto di Gibilterra il 1 dicembre con vari problemi. Dapprima dovette immergersi per aver avvistato due cacciatorpediniere, poi fu bombardato con cariche di profondità da tre navi scorta uscendone però solo con danni leggeri. Quindi sprofondò sino a 130 metri a causa delle correnti, sino a toccare il fondo nei pressi di Punta Lanchones.

Emerso nottetempo, fu di nuovo attaccato da tre unità, ma riuscì ad allontanarsi. Fu quindi inviato al largo delle coste portoghesi, giungendovi il 4 dicembre; il 19 fu inviato sulle tracce di un convoglio con destinazione Lisbona. Ma l’indomani, causa un guasto ad un motore, dovette dirigere per Bordeaux, sede della base italiana di Betasom, dove giunse il 25 dicembre.

marinai-gruppo
Foto di gruppo del monumento di Punta Licosa

Nuovo comando

Il 23 febbraio 1941 il sommergibile Velella sotto il comando del T.V. Pasquale Crepas salpò diretto ad ovest delle coste irlandesi; quattro giorni dopo, durante la navigazione, cercò di attaccare una nave passeggeri, ma non poté avvicinarsi per le avverse condizioni meteo marine.

Il 3 marzo dovette immergersi per l’avvistamento di tre cacciatorpediniere, ma riuscì ad evadere la caccia antisommergibile. Tre giorni dopo raggiunse il proprio settore d’operazioni. Non avvistò nessuna nave e, il 16 marzo, intraprese la navigazione di rientro.

Ritorno al comando del T.V. Pasquale Terra

Negli ultimi giorni di maggio 1941 fu inviato al comando del T.V. Pasquale Terra a ovest dello stretto di Gibilterra.

5 giugno, individuò un convoglio composto da una quindicina di trasporti con varie unità di scorta, tentando più volte di penetrare lo schermo difensivo. Nella notte successiva vi riuscì e lanciò una salva di siluri contro una nave cisterna stimata in 7000 tsl e contro un piroscafo ritenuto da 3200 tsl.

L’8 giugno il sommergibile Velella fu attaccato da aerei ma riusc’ ad allontanarsi incolume, cercò poi un convoglio di cui era stato informato via radio e, non avendolo trovato, intraprese la navigazione di rientro, arrivando a Bordeaux il 20 giugno.

17 agosto 1941 lasciò Bordeaux per rientrare in Mediterraneo, e una settimana dopo arrivò all’imboccatura dello stretto di Gibilterra. Stazionò sul fondale in attesa del buio e riemerse nottetempo, costeggiando il Marocco e passando lo stretto nonostante due avvistamenti di navi militari, giungendo infine a Cagliari il 29 agosto.

Dal 3 febbraio al 17 marzo 1942 operò per la Scuola Sommergibili di Pola.

Cambio di Comando

Ad aprile 1942 svolse la sua prima missione in Mediterraneo, al comando del T.V. Giovanni Febbraro, a meridione di Capo Palos in Spagna. Durante tale missione, di mattino, lanciò infruttuosamente due siluri da 1000 metri contro un cacciatorpediniere. Una volta scoperto, dovette immergersi per evadere la caccia con bombe di profondità cui fu sottoposto e dalla quale uscì indenne.

Nel giugno 1942 svolse una missione a sud delle Baleari (in contrasto al convoglio britannico «Harpoon», nell’ambito della battaglia di Mezzo Giugno), in luglio al largo della Tunisia, in agosto ad est dell’isola La Galite; dopo che ne ebbe assunto il comando il Tenente di Vascello Mario Patané, tornò a meridione delle Baleari in settembre, al largo di Philippeville e Bona in novembre, e nell’aprile 1943 a settentrione di Cap de Fer.

Il 20 giugno 1943 subì un attacco da parte di un bombardiere Bristol Blenheim al largo di Capo Bougaroni, ma lo respinse con le mitragliere.

argo velella

10 luglio, con lo sbarco alleato in Sicilia, fu inviato partendo da La Maddalena a contrastare le operazioni degli Alleati in tale scacchiere. Dopo un breve tratto di navigazione fu oggetto di un attacco aereo ma obbligò il velivolo ad allontanarsi riuscendo forse anche a danneggiarlo.

Fu però colto da un guasto quando era ormai arrivato nel proprio settore d’agguato e dovette ripiegare verso Taranto, traendo anche in salvo cinque sopravvissuti dell’equipaggio di un aerosilurante italiano abbattuto nei pressi di Capo Colonna.

Il 23 luglio fu inviato fra Augusta e Siracusa, senza tuttavia cogliere risultati.

Il sommergibile Velella detiene il triste primato di essere stato l’ultimo battello italiano perduto nella guerra contro gli Alleati.

Nell’ambito del «Piano Zeta», piano di contrasto al previsto sbarco anglo-americano in Campania, lasciò Napoli il 7 settembre 1943, e da quel giorno non diede più notizie di sé.

Circostanze della perdita:

Sommergibile Shakespeare
Il Sommergibile Britannico Shakespeare

Verso le otto di sera del 7 settembre il sommergibile britannico Shakespeare, in navigazione al largo di Punta Licosa, aveva avvistato due sommergibili italiani – il Velella ed il Benedetto Brin – che procedevano con rotte parallele alla sua, ai suoi due lati; aveva quindi scelto di attaccare il Velella perché, essendo il tramonto e trovandosi il Velella verso il mare aperto, questo era chiaramente visibile in controluce (il Brin navigava invece nei pressi della costa e con essa si confondeva per via della sopraggiungente oscurità) e gli aveva lanciato sei siluri: quattro andarono a segno, provocando l’immediato affondamento del sommergibile in posizione 40° 15’ xxx N e 14° 30’ xxx E.

Dal sommergibile Benedetto Brin fu avvertita anche un’esplosione subacquea. Tutto l’equipaggio scomparve con il sommergibile. In Mediterraneo il Velella aveva svolto 16 missioni offensivo-esplorative e 14 di trasferimento, per un totale di 19.430 miglia di navigazione in superficie e 2441 in immersione. [1]

Secondo la testimonianza di Pietro Vivone, sottufficiale motorista imbarcato sul sommergibile Brin testimone oculare dell’affondamento del Velella insieme ai suoi compagni e quelli del Galatea, la tragedia si verificò nel primo crepuscolo, intorno alle 20,03. [3]

Testimonianze:


«Ero quella notte imbarcato sul Brin ed ero addetto alle macchine. Navigavamo in acque apparentemente tranquille, vicino alla costa e sulla soglia di casa (Pontecagnano) . Noi ignoravamo di armistizi e di prossimi sbarchi e stando in emersione, ricaricavamo le batterie dei motori elettrici. Eravamo varie unità inviate da Napoli a pattugliare il golfo. Una improvvisa ostruzione ai tubi di alimentazione dei motori, fermò le macchine e dal Velella, comandato dal Tenente di Vascello Mario Patanè di Acireale, venne chiesto “alla voce”, per via del silenzio radio, perché ci eravamo fermati . Rispondemmo. di proseguire perché avremmo subito ripreso la navigazione». Pochi minuti dopo, ci fu l’affondamento senza superstiti.»

«Cari ,fratelli del “Velella”, è con profonda commozione che a 39 anni dalla sua scomparsa, ricordiamo oggi il nostro sommergibile qui sul punto ove fu affondato col suo equipaggio di nostri fratelli. Mi da molto rammarico constatare che non tutti i reduci del “Velella” sono qui presenti, ma voglio che essi sappiano che in questo ritorno nel passato li consideriamo qui con noi. Noi vogliamo dirti che il ricordo della tua avventura di guerra, che fu anche di noi tutti, il ricordo del tuo puro sacrificio, che fu anche sacrificio dei nostri Fratelli, ci sono stati e ci saranno di sostegno e di aiuto quando le banalità volessero coinvolgerci, quando il deprezzamento dei valori morali volesse travolgere anche noi. Ci impegniamo con Te, “Velella”, e con il tuo Equipaggio di anime a comportarci sempre, finché avremo vita, da Sommergibilisti.»

Altre testimonianze

«La vita era impossibile all’interno del sommergibile, dove ogni cosa era ricoperta di acqua salsa. Coperte, vestiti, materassi,
erano tutti inzuppati ed è difficile descrivere quale possa essere il sacrificio dei marinai in un sommergibile in tempo di guerra,
costretti per giorni, a volte per settimane a rimanere rannicchiati e quasi immobili ai posti di combattimento, in ambienti illuminati dalla luce artificiale, caldi, umidi e impregnati di tanti odori sgradevoli. Ma non ho mai sentito un lamento o una discriminazione.»

“… ho visto tanta gente piangere di commozione durante la cerimonia in mare; c’erano molti parenti dei caduti del sommergibile Velella che gettavano in mare mazzi di fiori dal dragamine, al quale facevano corona molti motopescherecci, motoscafi e barche tutti carichi di gente”. “Ho constatato che esiste ancora un senso altissimo di umanità e questo deve dare agli uomini di buona volontà la certezza di un domani migliore… “. [3]


menù velella

Particolare d’epoca che ripropone un tipico menù di bordo in navigazione in atlantico del Sommergibile Velella. In questa foto si può vedere iil menù per l’equipaggio ed il menù per la mensa Ufficiali. [2]

Il primo ritrovamento:


scansione sonar

Dopo 33 anni circa, il sommergibile Velella venne individuato nel braccio di mare di fronte il Comune di Castellabate e qualche anno più tardi commemorato. Probabilmente, non se ne sarebbe mai venuto a conoscenza se negli anni ’70, le reti dei pescatori del luogo, non si fossero impigliate in qualcosa di sconosciuto visto il fondale sabbioso, e tornate in superficie a pezzi.

Nel 1976, dopo numerose lamentele da parte dei pescatori, fu inviato in zona da La Spezia, un dragamine e una vecchia nave da salvataggio, Proteo, a scandagliare i fondali, ma fu tutto inutile.

Una testimonianza però, arrivò da un sub professionista, che si imbatté sul relitto dove disincagliò le reti di un pescatore.

Scesi in immersione seguendo la rete, e alla profondità di circa 102 metri, urtai su qualcosa. Era li che si erano agganciate. Siccome disimpegnarle era un lavoro pericoloso, non mi sono fatto troppe domande, ho liberato le corde e mi sono fatto quattro ore di decompressione. A questo punto ho avuto voglia di pensare a quello che avevo visto. E di una cosa ero, e sono tuttora sicuro. L’oggetto su cui ero finito scendendo, era la torretta di un sommergibile. Il fondale in quel tratto è sabbioso, la visibilità a cento metri è nulla. Ma che fosse una torretta è certo. Non so cosa ci sia sotto, se lo scafo sia ancora in buone condizioni e se il relitto sia completo. Poi tornato in superficie, mi dissero che da quelle parti era affondato un sommergibile nel ’43. “Il sommergibile Velella”. [3]

[Fonte: Il Velella di Angelo Raffaele Amato]


Missione Velella 2003:


COMUNICATO STAMPA

relitto

Fonte: google

Il 13 maggio scorso nelle acque del Golfo di Salerno, ad una profondità di 137 metri, è stato localizzato il relitto del Sommergibile Velella. Affondato la sera del 7 settembre 1943 ad opera di un sommergibile inglese, l’HMS Shakespeare.

Il ritrovamento è stato compiuto dall’ANMI di Santa Maria di Castellabate in collaborazione con Rizia Ortolani, subacquea tecnica e ricercatrice di relitti inesplorati e Capo Spedizione di “Missione Velella“. E la CO.L.MAR. di La Spezia dell’Ing. Barbagelata che, con i sofisticati strumenti impiegati e l’approfondito studio sui dati ottenuti, ha fornito un’esatta individuazione della posizione del relitto.

Il Team e il gruppo insieme in un progetto.

Il team, in stretta collaborazione con il gruppo ANMI, sta lavorando ad un progetto già in avanzato stato di definizione, articolato in tre fasi distinte. Una prima fase, finalizzata a verificare in sito il dato strumentale. Tale fase, propedeutica alla spedizione vera e propria, si svolgerà in luglio con 2 immersioni perlustrative che saranno compiute da Rizia Ortolani ed Edoardo Pasini, Trainer Tecnico, per valutare lo stato del relitto e, se possibile, effettuare qualche minuto di riprese video.

La successiva analisi dei dati raccolti permetterà una ponderata valutazione delle condizioni ambientali (visibilità, correnti, presenza di reti, etc.) che permetteranno di procedere ad una più mirata e sicura organizzazione.

La seconda fase coinvolgerà tutti i componenti il team (che è ancora in fase di definizione), ed avrà scopo esclusivamente documentaristico. Le immersioni saranno finalizzate e organizzate al solo scopo di effettuare riprese video e fotografiche.

La successiva terza fase, che dovrà essere comunque concordata ed autorizzata dallo Stato Maggiore della Marina Militare avrà come scopo il recupero di un significativo reperto del relitto.

Questa sarà la fase più delicata della missione e quella che, attualmente, riserva maggiori incognite.

La particolare vicenda storica e umana del Velella e il profondo significato simbolico della missione si condensano in questa aspirazione. Si intende recuperare tale manufatto per impiegarlo nella costruzione di un perenne “Monumento alla Memoria” di 52 marinai di equipaggio.

Per la realizzazione l’ANMI di Santa Maria di Castellabate avanzerà la richiesta di una collaborazione da parte delle istituzioni e della Marina Militare. In particolare, in considerazione dell’elevato valore morale e storico del progetto. [4]

[missione Velella]

Dalla relazione della COLMAR.

Il relitto purtroppo non è integro, la lunghezza originale era di 63 metri, mentre il troncone principale è di circa 42 metri. Lo spezzone di poppa è a circa 20 metri dal troncone principale. [5]


La spedizione del Techdive Explorer Team di Andrea Bada.

Nell’agosto del 2022 una nuova spedizione subacquea sul relitto del Sommergibile Velella. Stavolta è la Techdive Explorer Team di Andrea Bada, subacqueo tecnico e cacciatore di relitti, a tornare sulle coordinate dell’affondamento.

Le reti avvolgono parzialmente il relitto ricoperto da flora e fauna marina, diventando un habitat artificiale.

Il Team ha eseguito due immersioni di circa 25 minuti di fondo. Inizialmente, si credeva che il relitto fosse spezzato in più parti e distanti tra loro, il sommergibile invece risulta essere in due parti. Lo specchio di poppa sul fondo e la parte principale del relitto conficcato con la prua nel fondo e il resto appoggiato sul troncone di poppa.

Dalle immagini si vedono i due periscopi e l’antenna del giroscopio, mentre sul lato della torretta è visibile la scaletta per accedere alla falsa torre dall’esterno.

Particolare dell’interno del relitto dove si è spezzato dopo l’impatto col siluro, i timoni d’immersione e i boccaporti sul ponte esterno.

Lapide commemorativa a Punta Licosa


Articolo HDS ITALIA

Filmato dell’Istituto Luce del varo del sommergibile Velella



Dati tecnici:


Dati costruzione Cantieri di Monfalcone

La progettazione della classe ARGO e della sua evoluzione la classe TRITONE, è il risultato del lavoro indipendente della C.R.D.A. di Monfalcone. In quel periodo, la cantieristica italiana produsse vari battelli per conto di marine estere, una di queste classi fu la ARGO, un battello a doppio scafo. [6]

Ma una diversa sorte ebbe la commessa portoghese di due sommergibili, affidata ad Oto e Tosi. Instaurando così una tradizione negativa che aveva già visto nel 1935 la sospensione di due contratti con i C.R.D.A. per quattro battelli, poi divenuti gli ottimi “Glauco”, “Otaria”, “Argo” e “Velella” della Regia Marina. [7]

La cessione alla Regia Marina

La C.R.D.A. di Monfalcone, offrì i due sommergibili alla Regia Marina la quale stava già seguendo il progetto. I battelli furono opportunamente modificati secondo le specifiche della Marina. Le modifiche videro l’assunzione di equipaggiamenti e soluzioni tecniche già usati su altri battelli di costruzione così da rendere facile l’addestramento del personale e la manutenzione.

La classe ARGO era di tonnellaggio troppo elevato per essere considerata del tipo costiero e troppo limitata per essere considerata del tipo oceanico. Anche se sia l’ARGO che il VELELLA diedero ottime prestazioni durante le operazioni in Atlantico. Quindi la classe ARGO, e più tardi la TRITONE, dovrebbero essere considerate di medio tonnellaggio.


Scafo

Sin dagli albori della costruzione dei primi battelli e successivamente al passaggio ai progetti più tecnologicamente avanzati fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, i sommergibile erano divisi in tre sezioni, ed erano: scafo interno, scafo esterno e le sovrastrutture.

I sommergibili della classe ARGO erano composti da due scafi, uno interno ed uno esterno. Lo scafo interno era diviso in tre sezioni. Una centrale di forma circolare e due sezioni ai lati opposti di quella centrale, a forma di cuneo e quindi con un diametro via via verso la poppa/prora decrescente. Le sezioni di poppe e prora terminavano in due calotte.

Sezione maestra
Piani navali: Gabriele Pinto

Lo scafo di acciaio era spesso 14,5 mm nella zona centrale e a 14 mm verso le estremità. Il fasciame dello scafo era rivettato alle ordinate circolari con distanza tra i 520 e i 550 mm una dall’altra.

Lo scafo esterno, di circa 6 mm di spessore, racchiudeva le casse nafta, casse acqua, casse d’assetto, e le casse olio.

All’interno erano divisi in sei compartimenti:

Nella parte poppiera troviamo il primo compartimento, ed era la camera di lancio AD (addietro), locale dove erano posizionati i motori elettrici. Poi c’era il locale motori termici, la sezione batterie prodiera e l’alloggio ufficiali e sottufficiali. Al centro si trovava la camera di manovra, e la camera servizi ausiliari. Più avanti il secondo compatimento batterie e l’alloggio ufficiali.
Infine la camera di lancio AV (avanti). Una piccola torretta era posizionata sopra la camera di manovra con le camicie dei periscopi che facevano parte della struttura resistente dello scafo.

Le sovrastrutture formavano un guscio che si estendeva oltre la lunghezza dello scafo, dando al sommergibile un piano calpestabile. Questa parte dello scafo era generalmente esposta all’azione del mare e l’acqua fluiva attraverso larghe aperture o piccoli orifizi disposti lungo l’intero profilo.


Propulsione

Motori Termici

La classe ARGO era equipaggiata con due motori diesel a due tempi del tipo FIAT Q 274R. Ciascun motore era in gradi di raggiungere i 420 giri al minuto producendo 600 Hp.

La velocità di superficie degli ARGO era di circa 14 nodi, quella in immersione 8. La limitata velocità degli ARGO non fu un fattore molto negativo. In condizioni ambientali difficili i trombini di aspirazione dei motori, situati sul ponte esterno invece che protetti dalla vela come in sommergibili esteri, tendevano ad allagarsi.

Motori Elettrici

Entrambe le classi ricevettero motori elettrici di produzione C.R.D.A. Quelli istallati sugli ARGO erogavano 400 HP ciascuno (300 HP in condizioni normali e 400 per un breve periodo di tempo). Quelli istallati sui TRITONE sembrano avessero prestazioni simili, ma non si sa se fossero dello stesso modello.

Albero di Trasmissione

Ciascun motore termico era collegato in linea con il corrispondente motore elettrico per mezzo di un giunto. Un altro giunto collegava il motore elettrico all’asse porta elica. Durante l’uso del motore termico il motore elettrico girava a vuoto. Durante le operazioni di ricarica degli accumulatori, il secondo giunto veniva disconnesso così il motore termico potesse far girare quello elettrico ad una velocità predeterminata.

Accumulatori

Ciascuna stiva per le batterie poteva ospitare 52 elementi. Sulla classe ARGO ogni accumulatore pesava circa 750 kg. Questi accumulatori erano in grado di erogare 4.750 A. Ogni accumulatore era formato da molteplici piastre negative e positive in piombo dove erano collegati i terminali separati da isolanti. Le piastre erano immerse in una soluzione elettrolitica di acqua distillata e acido solforico ad un livello di gravità del 1.25% quando era carico. Ogni accumulatore era in grado di erogare circa 2 volt ed era collegato in serie ad un gruppo. Ogni gruppo poteva essere utilizzato indipendentemente o in parallelo con altri.


Sistemi ad aria

Aria Compressa

Sul sommergibile il sistema dell’aria compressa era uno dei componenti più importanti. Essi veniva usato per svuotare le casse d’immersione, lanciare i siluri e per far partire i motori termici. Senza l’aria compressa, il battello era inservibile. Quando era in porto, i punti d’attracco erano provvisti di attacchi agli impianti da aria ad alta pressione cosi da non utilizzare l’impianto di bordo. Stesso discorso per l’energia elettrica e l’acqua potabile. L’aria veniva accumulata all’interno di bombole che per via dell’umidità presente nella stessa tendevano ad accumulare condensa e quindi era necessario svuotarle regolarmente. Sul sommergibile Velella il compressore principale era situato nel locale servizi ausiliari.

I servizi dell’aria compressa erano composti da: 

Compressore ad alta pressione
Turbo compressore (potevano essere utilizzati solo con la torretta emersa ed un portello aperto).
Pompe d’assetto, pompe di sentina (30 ton/h a 120 metri), pompe manuali

Sistema per l’eliminazione dell’Anidride Carbonica.

Il sommergibile Velella era dotato di un sistema per il filtraggio ed eliminazione dell’anidride carbonica. Erano presenti sul battello delle bombole d’ossigeno per ossigenare l’ambiente. Il battello erano dotato con valvole a connessione esterna, così in caso di avaria, veniva rifornito d’aria da parte di altre unità. Queste potevano essere usate per l’aria respirabile o per svuotare le casse. A causa di questo sistema di purificazione dell’aria primitivo, quando in immersione, l’equipaggio doveva sopportare condizioni di disagio dato che l’aria diventava poco piacevole immediatamente.


Servizi per l’equipaggio

Alloggio equipaggi 

Sul Velella, il quadrato ufficiali era situato davanti la camera di manovra e dopo la stazione radio e la cabina idrofonica. Il comandante aveva un’alloggio privata separato dal quadrato ufficiali grazie ad una tenda scorrevole. Gli altri tre ufficiali avevano ciascuno una cuccetta. I sottufficiali dividevano uno spazio a poppa della camera di manovra, mentre il resto dell’equipaggio usava delle cuccette nella camera di manovra prodiera.


Cucine

I battelli della classe ARGO erano dotati di due cucine. Una elettrica situata nella camera di lancio prodiera, e una a gasolio sistemata nella falsa torre. I pasti a mare erano semplici e non era preferibile cucinare in immersione a causa del vapore generato che si trasformava in condensa.

Gabinetti

Nella classe ARGO era presente uno anche nella falsa torre.

Acqua Potabile

Gli Argo accumulava l’acqua in tre casse di capacità pari a 9.70 m3, ma si trattava di una riserva abbastanza piccola di acqua potabile. Era solito rifornirsi di acqua dolce in quantità superiori stivandola nella cassa compenso siluri AV, di capacità parti a 6,5 m3. Sul battello un’impianto di elettro-distillazione, in grado di produrre 600 litri di acqua distillata al giorno.

Refrigerazione

C’era un piccolo frigorifero nella camera di manovra ausiliaria, abbastanza lontano dalla cucina che era sistemata nella camera di lancio prodiera. Cibo non deperibile era invece stivato in un compartimento situato nella camera siluri prodiera.

Equipaggio

L’equipaggio era composto da 4 ufficiali, 10 sottufficiali e 26 comuni. I quattro ufficiali erano il comandante, di solito un tenente di vascello, il secondo, l’ufficiale di macchine ed un altro ufficiale di macchine. Al momento dell’affondamento erano presenti 52 persone; 6 Ufficiali, 10 Sottufficiali e 37 marinai.


Sistemi di Sicurezza

Gli ARGO e i TRITONE non erano equipaggiati con i costosi sistemi della Gerolamo-Arata. Questi apparati consistevano in un cilindro galleggiante che poteva raggiungere la superficie. Da qui poteva essere recuperato attraverso un cavo collegato alla sua base e assicurato ad un argano. C’erano degli allacci esterni per collegare il sommergibile affondato ad una linea esterna per l’approvvigionamento d’aria e d‘acqua. In più, ciascun battello aveva due boe galleggianti istallate sopra le camere lanciasiluri e che potevano essere lanciate in superficie. Ciascuna boa conteneva un telefono ad un sistema per la localizzazione.


Sistemi di comunicazioni

Apparecchiature radiotrasmittenti e riceventi

La stazione radio era collocata a prora della camera di manovra in una cabina appositamente disegnata. C’erano vari apparati radio. Un trasmettitore dai 300 a 2.500 metri, un ricevitore dai 300 ai 10.000 metri. Un trasmettitore a onde corte da 400 watt (dai 15 ai 60 metri), ed un ricevitore sulle stesse frequenze.

Idrofoni

Vi era un sistema d’ascolto idrofonico connesso a trasmittenti montate sulle paratie esterne laterali. Il sistema era di produzione nazionale e considerato di buona qualità.

Interfono

Gli ARGO e i TRITONE erano equipaggiati con un sistema interfonico. Ciascun compartimento poteva comunicare con la centralina collocata nella sala di manovra attraverso un apparecchio con microfono e altoparlante.

Allarmi

Gli ARGO erano dotati di un clacson situato in camera di manovra. Quando si dava l’allarme, tutti i portelli venivano chiusi e i macchinisti cominciavano le manovre d’immersione con l’arresto dei diesel e la chiusura dei valvoloni.

Telefono d’emergenza

Come detto in precedenza, gli ARGO erano stati forniti di due boe situate sul ponte di calpestio ed attaccate ad un argano. Queste boe potevano essere rilasciate, raggiungendo la superficie dando così all’unità un collegamento telefonico con le unità di superficie.

Girobussola

L’ARGO ed il VELELLA erano equipaggiati con una girobussola installata nella camera servizi ausiliari. Essa era equipaggiata di tre ripetitrici disposte in vari compartimenti e sul ponte di manovra.

Vi era inoltre una bussola magnetica istallata in una custodia stagna sul ponte con una ripetitrice nella camera di manovra. La girobussola riceveva le coordinate da un giroscopio rotante ad alta velocità mosso da un motore elettrico.

Il funzionamento era basato sulle leggi della meccanica governanti la rotazione dei corpi. Quando un oggetto è in rotazione veloce, questi tende a mantenere la posizione.

La girobussola consiste di un giroscopio rotante orientato verso il nord. Affinché il movimento del battello non interferisse con lo strumento, era stabilizzato da un peso installato al di sotto degli assi e montato su braccetti a giunto.

Un quadratino meccanicamente connesso alla girobussola indicava i punti cardinali e la direzione del battello.

Periscopio

velella interno

Vi erano due periscopi; quello frontale era usato durante la manovra d’attacco, mentre quello posteriore era usato per l’esplorazione.

Come su tutti i sommergibili italiani, le camicie dei periscopi si estendevano abbastanza considerevolmente dalla falsa torre. Esse erano rinchiuse in una struttura metallica ben visibile ad una certa distanza.

Entrambe i periscopi erano accessibili dalla camera di manovra, ed una volta retratto scendeva fino alla chiglia.


Manovra

In superficie gli ARGO operavano come qualsiasi imbarcazione e dimostrarono una buona tenuta del mare e una buona manovrabilità. La galleggiabilità delle unità era ottenuta mantenendo le varie casse di compensazione vuote.

Timone

Il timone, del tipo semi-compensato, era controllato elettricamente dalla camera di manovra o manualmente dalla camera di lancio prodiera. C’era anche un timone nella plancia della falsa torre.

Timoni di Profondità

Come su tutti i sommergibili del periodo, gli ARGO erano equipaggiati di due timoni di profondità. Quelli prodieri erano ripiegabili per la navigazione in superficie ed erano collocati sopra la linea di galleggiamento.

I timoni poppieri erano fissi e collocati sotto la linea di galleggiamento in linea con le eliche. Quelli prodieri erano usati per controllare la profondità, mentre quelli poppieri controllavano l’inclinazione del battello. I timoni erano controllati elettricamente dalla camera di manovra, o manualmente dei compartimenti di lancio (poppiero e prodiero).

Ancore

Gli ARGO erano dotati con un’ancora principale istallata a sinistra ed il pozzo delle catene era collocato sotto i tubi di lancio prodieri.


Armamenti

Siluri

Questi battelli avevano quattro tubi lanciasiluri a prua e due a poppa. I tubi erano armati alla partenza dalla base, e 8 altri siluri erano stivati nei compartimenti di lancio. I siluri erano introdotti nello scafo attraverso uno speciale portello e la manovra di carico risultava molto laboriosa e complessa. In mare, i siluri potevano essere rimossi dai tubi per la manutenzione ordinaria (aggiungere il carburante).

La distanza, la velocità e la direzione dell’arma erano regolabili mentre il siluro si trovava già nel tubo di lancio. I lanciasiluri erano prodotti dalla Tosi e potevano accomodare una varietà di siluri da 533 mm. Questi erano prodotti sia che dalla Whitehead di Fiume che dal Silurificio Italiano di Pozzuoli. I siluri italiani erano affidabili, ma lasciavano una scia alquanto vistosa facilitandone l’avvistamento.

Armi leggere

Ogni battello aveva un piccolo arsenale di fucili e pistole sistemato nella cabina idrofonica.

Cannone

Gli ARGO erano dotati di nuovi pezzi da 100 mm calibro 47 con una riserva di 149 proietti. Un gruppo di buoni cannonieri poteva sparare circa 8 colpi al minuto.

Questi battelli avevano un cannone singolo montato a prora della falsa torre. I proietti erano caricati dai magazzini ai compartimenti principali e da qui spinti attraverso un tubo sul ponte di calpestio.

Dal momento che non esistono specifiche circa l’uso di un sistema di fissaggio idraulico, si desume che i proietti fossero spinti manualmente. I cannonieri avevano anche accesso ad un piccolo magazzino stagno ubicato nella falsa torre.

Il deposito munizioni era collocato sul ponte inferiore tra il compartimento degli accumulatori prodiero e la cassa della rapida. A causa della natura del conflitto in Mediterraneo, i cannoni di queste classi furono usati di rado.

Mitragliatrici

Gli ARGO ed i TRITONE erano equipaggiati con le famose mitragliatrici antiaeree Breda Modello 1931 da 13.2 mm. Queste armi erano montate su un supporto singolo sugli ARGO e su uno doppio sui TRITONE.

Le mitragliatrici erano istallate su supporti a scomparsa che recedevano in tubi con portello stagno. Dopo l’emersione, i cannonieri aprivano il portello, estraevano le armi, inserivano il caricatore ed erano pronti al fuoco.

I caricatori contenevano 30 cartucce e le armi potevano sparare 400 colpi al minuto ad una distanza di 2.000 metri. Gli ARGO avevano una riserva di 2.000 colpi, poi aumentata a 10.000 sui TRITONE.

Come nel caso di tutti i sommergibili italiani, si scoprì che le armi da 13,2 mm non erano potenti per abbattere i grandi bombardieri americani dotati di blindature molto spesse. [6]

Piani navali:

Fonte piani sommergibile Velella: Socio ANMI Gabriele Pinto

L’equipaggio del Sommergibile Velella.


Articolo

Fonte:

  1. Il sommergibile Velella su Wikipedia
  2. Mostra “rancio di bordo e i menù storici sulle navi della Regia Marina”
  3. Il Velella di Angelo Raffaele Amato
  4. Velella.it
  5. Relazione della ditta COLMAR
  6. Regiamarina.net
  7. Paolo Pollino I sommergibili Italiani
  8. Albo dei caduti e dispersi della Marina Militare 2^ Guerra Mondiale