Ancora una volta il ritrovamento fortuito di un’anfora ha rivelato l’esistenza di un relitto di un’antica nave da carico greca o romana. Il fatto si è verificato al largo di Punta Licosa, sull’estremità meridionale del golfo di Salerno. Qui, dall’isolotto che della stessa punta porta il nome, si estende per svariati chilometri verso il largo una specie di promontorio sommerso che funge da vero e proprio spartiacque. Lungo e al di sopra di esso, le correnti dominanti stagionali, tipiche di quest’area del Tirreno, assumono velocità notevoli, rendendo incerti, e a volte pericolosi, sia l’immersione che l’ancoraggio e la navigazione, specie se non affrontati con mezzi adeguati alle condizioni meteo del momento.
Qui circa tre anni fa, un pescatore del luogo, salpando le reti da pesca, si ritrovò agganciato casualmente un’anfora. Era quasi riuscito a tirarla in barca quando l’anfora finì sul fondo. Il pescatore, aveva fatto in tempo a vedere che l’anfora era intera. La sua presenza in una zona così distante dalla costa forse indicava che, probabilmente sul fondo c’era qualcosa di più di un’anfora. Tornato a terra ne parlò a due suoi amici subacquei, Pino Di Luccia e Gabriel Piccirilli, soci del Cesub, un vecchio circolo di attività subacquee che ha la base a Santa Maria di Castellabate e che da oltre vent’anni opera appunto nella zona di Punta Licosa con vari interessi, non ultimo quello archeologico.
Numerosi reperti, ritrovati in zona infatti sono stati recuperati negli anni passati sui fondi antistanti dai subacquei soci del Cesub; oggi possono essere ammirati al museo di Paestum, al Castello di Castellabate e all’antiquarium.
Su uno dei ceppi ritrovati c’è in rilievo una scritta che appare ripetuta sui due bracci del reperto: “CAQUILLIPROCULI”. Che sia il genitivo possessivo del nome del comandante dell’antica flotta militare, certo Caius Aquillius Proculus, che quasi duemila anni fa decise di ancorare le sue navi in rada davanti all’antica Leucosia? È quanto pensano alcuni studiosi, riferendo che nel 90 d.C. ci fu appunto un console romano con tale nome.
Il Cesub ne denunciò il ritrovamento alle autorità competenti. Nell’occasione si è proposto a collaborare alle ricerche con i suoi sub, impegnandosi nel frattempo a un’opera di custodia del relitto.
Il relitto più che vederlo lo si intuisce. Sparse su un fondo di posidonie, ci sono anfore, in gran parte rotte. Ma sui bordi di queste aree sabbiose scoperte si vedono chiaramente le anfore infilarsi integre sotto l’alto letto di posidonie, formatosi successivamente al naufragio. Tra le posidonie, hanno anche trovato uno dei ceppi in piombo delle ancore. Le anfore trovate sul fondale, sia rotte che integre, sono risultate vuote, probabilmente trasportavano olio o vino.
FONTE e articolo completo: Guido Picchetti